L’importanza di sostenere la squadra

Io di quella maglia sono innamorato, lo sono follemente.

Non l’ho scelto io, di questo sono sicuro, ma ringrazio chi ha preso quella decisione per me perché, altrimenti, la ragione mi avrebbe portato sicuramente da qualche altra parte, fosse anche semplicemente per preservare parti del mio corpo (il fegato su tutte) che anni di questa grande passione hanno messo a dura prova.

Diciamocelo, so di parlare ad un pubblico che condivide i miei stessi ricordi, le mie stesse emozioni, un po’ del mio passato e a cui basterebbe chiudere per dieci secondi gli occhi per vedere scorrere momenti poco edificanti per il curriculum di ogni tifoso, conditi da poche e misere gioie, sempre e comunque strozzate.

Nonostante tutto, rivendico ogni giorno della mia vita passato tifando FOGGIA, ogni uscita con gli amici rifiutata per vedere la mia squadra giocare a Pozzuoli, Castel Rigone, Cosenza, Aversa e altri campi polverosi che non si confanno alla nostra storia, al nostro blasone, ai nostri tifosi (campi nei quali, tra l’altro, abbiamo spesso faticato in termini di risultati, ndr).

Sì, perché noi siamo sempre stati quella piazza che meriterebbe altri palcoscenicima che purtroppo, da un po’ di anni porta in scena solo la stessa replica sbiadita di un grande spettacolo che ormai non riesce più ad appassionare e vede sempre meno spettatori.

Abbiamo preso parte a delle rappresentazioni indegne e, magari, siamo riusciti ad emozionarci anche per quelle. (non posso dimenticare il pianto dopo il goal di Franco Caraccio contro il Pescìna o Péscina che dir si voglia)

Ci siamo spesso fatti illudere da qualcuno che prometteva di farci assistere a qualcosa di veramente bello ma che alle prime difficoltà vacillava così come le nostre speranze che, nel giro di poche settimane, mesi o (più raramente) anni, diventavano incubi.

Sì, perché noi siamo sempre stati anche quelli con una squadra a cui basterebbe giusto qualche puntello per fare il salto”  ma così non è mai stato perché eravamo in grado di garantire solo (forse, chissà, dipende, vediamo) la nostra esistenza fino a fine campionato “e poi il prossimo anno si vede”.

Poi arriva Roberto, Roberto De Zerbi, un allenatore emergente che, tra lo scetticismo iniziale si mette alla guida di un gruppo che ci ha resi orgogliosi su molti campi e ci ha fatto vivere un campionato pieno di emozioni; Emozioni che, se ci pensiamo un po’ su, esulano in parte dal terreno di gioco e confinano più nella sfera “affettiva”.

Negli ultimi anni mi era mancato infatti soprattutto questo: affezionarmi a qualcuno che dimostrasse di tenere alla mia maglia, che la difendesse e che la sentisse anche un po’ sua e, forse, è stato questo a rendere un campionato che ci ha visti abbastanza lontani dalla vetta, un campionato bellissimo.

Nessuno si aspettava l’avvio di quest’anno, è chiaro, e la classifica che vede un solo punto in due partite fa male, mette paura.

Dopo la prima sconfitta ero furibondo, deluso e arrabbiato. Non mi era piaciuto l’atteggiamento di quella stessa squadra che solo pochi mesi prima aveva espugnato Caserta in dieci uomini con il coltello tra i denti ed invece ho visto passeggiare a Pagani,  ed anch’io ho ceduto alla ghiotta “tentazione” della critica, anche piuttosto aspra.

Ma la squadra aveva capito la lezione, lo vedevo dalle parole del mister; Col Catanzaro infatti la voglia di vincer e l’impegno c’erano tutte ma  forse proprio la paura di non portare a casa l’intera posta in palio, ci ha condannati.

Il tifoso (alcuni, per fortuna),però, si sa, è un genere di persona tendenzialmente materialista che lascia poco spazio ai sentimenti, all’impegno: contano i risultati. Ha anche però, il tifoso, una grande peculiarità: la memoria corta. Una sola sconfitta può rendere una squadra ammazzacampionato una squadretta; al contrario una vittoria può attivare l’effetto opposto.

Mi hanno lasciato di stucco alcune frasi sul profilo Facebook di De Zerbi: chi già lo vuole lontano da Foggia, chi vede sue colpe anche sulla pettinatura di Angelo, chi non aspetta a screditare la squadra.

E’ lì che ho capito che mai come quest’anno il nostro ruolo di tifosi è fondamentale.

E allora più che i risultati, cerchiamo di premiare l’impegno. Tributiamo un grosso applauso alla squadra anche se, dopo aver dato tutto, esce dal campo con un pareggio.

Il nostro obiettivo comune non può fare a meno di una condizione di base: l’unità dell’ambiente, anche e soprattutto quando le cose non vanno benissimo.

Ci saranno dei momenti di crisi, dove noi avremo la responsabilità di sostenere chi indossa quella maglia a strisce rossonere, anche se non si merita appieno il nostro sostegno.

Faremo i bilanci alla fine, ma fino ad allora utilizziamo tutto il nostro fiato, le nostre energie per far sì che il risultato sia il più soddisfacente per tutti. E dobbiamo farlo per noi, perché molto più di calciatori, staff, squadra, siamo noi a voler abbandonare questa categoria che da anni ci tiene prigionieri.

E allora riprendiamo a vincere da oggi, scacciamo via questo brutto momento e, anche se non dovesse essere così, continuiamo a combattere.

Che lo spirito di Agodirin ci accompagni in questa battaglia.

AVANTI, FOGGIA MIO!

 

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Un pensiero su “L’importanza di sostenere la squadra

  1. A maggior ragione dopo il risultato di oggi, sabato chi verrà allo stadio deve capire che deve dare il proprio come tifoso e lasciare i giusti (dopo 3 passi falsi) malumori a casa.

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